Roberta Barazza
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Lestonia

9/29/2010

 
C'è un nuovo Paese in Europa: la Lestonia. 
L'hanno inventato i cronisti del TG3 Regionale del Veneto. 
Sia il presentatore che la giornalista del servizio hanno parlato ieri, 28 settembre 2010, di una coppia di nigeriani giunti in pullman dalla Lestonia all'Italia con droga nei bagagli.  

Umberto Piersanti. "Per Sakineh".

9/29/2010

 
Interessante articolo del Prof. Umberto Piersanti - Università di Urbino: 

Tratto da 

http://www.pelagosletteratura.it/frames/editoriale.htm

Lettera aperta ad Adriano Sofri, Fahrenheit e a molti altri

Di Umberto Piersanti


Un po' di tempo fa Sofri ha scritto un bellissimo intervento sul caso Sakineh. Il suo articolo su «Repubblica» era denso di passione e ragione, così come avviene in genere negli interventi di Sofri di questi ultimi anni. Anche noi come Pelagos Letteratura accogliamo l’invito di mobilitarci contro la condanna a morte, con la lapidazione o con l’impiccagione poco importa, di una donna condannata attraverso un processo infame e che ha fatto largo uso della tortura come hanno ampiamente dimostrato gli interventi dei suoi figli.

Avremmo voluto però, non dico un’autocritica (termine che rimanda troppo ai nefasti periodi del “socialismo reale”), ma una riflessione severa sulle posizioni dello stesso Sofri e di Lotta Continua nei giorni in cui Khomeini prendeva il potere.

«Lotta Continua», soprattutto attraverso gli articoli di Carlo Panella (che oggi conduce una sacrosanta lotta contro il khomeinismo), ma non solo, per mesi e mesi fece una lode spropositata ed assoluta dell’uomo che era riuscito ad abbattere la dittatura capitalista dello Scia. Ma certo Sofri era in una larghissima compagnia: ricordo uno tra gli articoli più infami di tutta la storia dell’Unità, paragonabile a quello che lodava con toni epici e commossi l’entrata dei carri armati sovietici a Budapest. Alcune donne avevano protestato per l’imposizione del velo. Ed ecco come più o meno descrive la situazione Sigmund Ginzburg: erano donne vestite all’occidentale, truccate pesantemente. Il loro stesso abbigliamento era un’offesa alle tradizioni e alla recente rivoluzione del popolo iraniano. Non possiamo giustificare completamente il gesto di chi ha loro tirato l’acido in faccia, ma non possiamo certo solidarizzare con questo sparuto gruppetto che rappresenta la risposta della reazione occidentalista e filo-americana al grande movimento di popolo che ha affrancato l’Iran dallo Scia e dalla corrotta cricca che lo attornia.

E Foucault scrisse che Khomeini era uno tra i più grandi autentici rivoluzionari dell’intero Novecento. Apprezziamo oggi la strenua battaglia della Francia e dei suoi intellettuali come Bernard Lévy, a favore di Sakineh, ma è proprio in terra di Francia e nella sua intellighenzia che Khomeini ha trovato i suoi più fervidi sostenitori. Del resto gli intellettuali francesi non erano nuovi a idiozie di vario genere come il passaggio all’Islamismo o l’esaltazione dell’Albania come faro socialista. Il fatto è che bastava che un qualunque Caudillo o predicatore integralista alzasse la vieta bandiera dell’anti-americanesimo e dell’anti-occidentalismo per trovare il sostegno di tutta una sinistra tanto più rozza quanto più radicale, al di là dell’indubbio prestigio dei nomi che in questa stessa sinistra si riconoscevano, e sempre alla ricerca di miti impossibili. E così si spiega non tanto e non solo il successo in Europa del Maoismo, ma la stessa simpatia per uno dei regimi più criminali della storia, quello dei Khmer Rossi in Cambogia. Se non mi ricordo male (l’ho anche scritto in una mia poesia) Ingrao andò ad omaggiare a Teheran «il grande vecchio padre delle folle» (l’espressione è mia).

Eppure fin dall’inizio c’erano tutti gli elementi per capire che il khomeinismo rappresentava il passaggio da un regime sicuramente corrotto e clientelare, ma in qualche modo aperto al nuovo ed alla storia, ad un Medioevo clericale reso ancora più folle ed oscuro dalle moderne tecnologie che la teocrazia iraniana dimostrò subito di sapere bene adoperare. Fin dai primi giorni cominciarono le lapidazioni e le fustigazioni pubbliche delle “adultere”, fin dai primi giorni una dittatura occhiuta e intransigente non solo distruggeva ogni libertà politica e di pensiero, ma entrava nel modo più squallido e pesante nella vita personale e familiare della gente.

Io presi posizione fin dall’inizio contro il khomeinismo e a quel che mi ricordo solo un personaggio decisamente più importante del sottoscritto, Alberto Moravia, scrisse che lo Scia era caduto non già a causa di una rivoluzione progressista, ma per un rigurgito storico di tipo medioevale e clericale.

Ancora pochi anni fa, su Fahrenheit, ho ascoltato un incredibile intervento di una femminista storica, Luisa Muraro, che certo a Radio 3 gode di molte simpatie. L’argomento era l’Afghanistan e la guerra contro i Talebani. La Muraro sosteneva che, come donna, era molto più colpita ed angosciata dal fatto che a guidare gli elicotteri da combattimento ci fossero anche delle donne americane che dall’impossibilità delle ragazze durante il regime talebano di frequentare le scuole. Ed aggiungeva questa frase che riporto a memoria, ma sostanzialmente esatta, come può essere rintracciata nelle teche della Rai: il regime talebano è certo molto rigido, ma il khomeinismo che sa coniugare tradizione e modernità rappresenta uno dei migliori sistemi dell’Asia e non solo. Non so se la signora Muraro avrebbe oggi il coraggio di confermare questa sua immonda idiozia.

Anche i cattolici con il khomeinismo non scherzarono: il «Sabato», vicinissimo a Comunione e Liberazione, se non il suo organo ufficiale, vide per molto tempo nel khomeinismo un baluardo spirituale contro la volgarità e il materialismo dominanti nelle nostre società occidentali.

Del resto siamo ormai abituati ad ogni genere di follia da parte degli intellettuali italiani o supinamente schierati, o attratti come clown dalle sparate più gigantesche ed inverosimili. Sul «Giornale», Pierangelo Buttafuoco ha scritto che nella repressione del brigantaggio attorno agli anni dell’unità italiana morirono un milione di persone. Idiozia che gira spesso a sud: anche una nota cantante napoletana, Teresa De Sio, durante un concerto alla Fortezza Albornoz ad Urbino, ripeteva questa scempiaggine. Nella prima guerra mondiale, la più spaventosa sostenuta dall’Italia, i morti non arrivarono a seicentocinquantamila. Ogni morte, è naturale, ha un valore assoluto, ma con i numeri non si dovrebbe scherzare, soprattutto quando riflettono realtà angosciose. Eppure Buttafuoco è nel comitato per il centenario dell’Unità italiana, non so chi ce l’ha messo, spero che non sia il Presidente Napolitano che stimo.

Abbiamo bisogno in Italia di posizioni più lucide e precise, meno viscerali e di parte: sentivo, sempre a Radio 3, quelli di 99 Posse che se la prendevano con cattivissimo gusto anche con la “buonanima” di Biagi. E poi di nuovo i morti bruciati dagli aeroplani americani, chissà se mai qualche cantante sfuggendo al politically correct parlerà anche dei kamikaze e dei tagliatori di teste?

Comunque oggi il compito è quello di lottare contro il regime più pericoloso e criminale del mondo, quello khomeinista: ricordare il passato può non essere un esercizio ozioso, ma il tentativo di evitare nuovi ma analoghi assurdi fraintendimenti.

Illegalità di Israele impedisce accordi di pace

9/27/2010

 
E' chiaro a tutti chi impedisce gli accordi di pace: Israele non ha mantenuto gli impegni e permette la prosecuzione degli insediamenti dei coloni. 
Anche il portavoce del governo sionista sembrava non credere alla sua raffazzonata giustificazione: "Israele può continuare gli accordi solo se c'è davvero una volontà chiara di rispettare le regole". Peccato che a non rispettarle siano proprio loro, gli israeliani.
La data della moratoria era chiarissima: da ieri gli insediamenti dovevano fermarsi. Ancora una volta Israele ha ignorato le regole. 
Obama ha bisogno di altre prove per capire che sono soprattutto gli israeliani i fuorilegge? 

Asili: necessità e possibili posti di lavoro.

9/27/2010

 
Lo dicevano anche a 'Presa diretta' ieri sera: migliaia di bambini non trovano posto negli asili pubblici. Mi pare che l'esempio di Como parlasse di circa 22000 bambini di cui solo un migliaio con posto in asilo. 
Aldilà del problema, penso che siano posti di lavoro da creare. Moltissimi insegnanti sono disoccupati e vi sono fondi pubblici, italiani e europei, per l'imprenditoria femminile. E' un settore da sviluppare nel privato.

Subdole manovre salvagoverno

9/26/2010

 
Naturalmente ci crediamo tutti che l'appartamento di Montecarlo appartiene a un cliente dell'ex-leghista Avv. Ellero. 

http://www.corriere.it/politica/10_settembre_25/casa-montecarlo-avvocato_b6a15814-c88c-11df-9516-00144f02aabe.shtml

Certo che Ellero è davvero distratto! In tutti questi mesi non si è accorto che la casa era di un suo cliente. Forse lavora troppo. 
Dopo mesi di discussioni su tutti i media, all'improvviso, un avvocato italiano si accorge che il fatidico appartamento è di un cliente di cui non 'può' dire il nome (oh, che strano!) e accenna anche che non si può sapere quando il suo cliente ne è entrato in possesso, né se lo è ancora. Viva la precisione e la trasparenza! 
Deposizione assolutamente attendibile, certo. 
D'altronde, se davvero queste società off-shore permettono, come dice Ellero, un passaggio di proprietà veloce e velato, come non pensare che, se non hanno già fatto girare la proprietà per imbrogliare la cosa, non lo facciano ora? 
A nessuno di noi italiani verrà certo in mente che questa possa essere una manovra per porre fine a una questione con cui forse Berlusconi sperava di vendicarsi dell''infedeltà' di Fini ma poi se ne è pentito perché rischia la caduta del governo. 
Quei signori che 'ci' rappresentano, oltre che fregarsene da mesi dei problemi reali della gente, con tutte queste subdole manovre interessate, sembranono considerare tutti gli italiani grulli disposti a bere acriticamente quel che ci propinano.

I politici dovrebbero fare il loro mestiere, non parlarne.

9/26/2010

 
Si dice, in questi giorni, che la scena politica italiana si trascina da mesi tra situazioni sociali che peggiorano quotidianamente e logorroiche discussioni di partito che, agli elettori senza lavoro o in difficoltà, non interessano molto. 
E' proprio così: sembra che lassù, tra scranni e poltrone, privilegi e teatro, si siano dimenticati dei problemi dei comuni mortali di cui manco più discutono. 
Parlano invece di beni immobili personali, relazioni familiari, beghe di partito, segretari e possibili nuovi segretari, posti alla Camera, dimissioni e sostituzioni, insulti e brutte figure all'estero ...
C'è una visibilissima spaccatura tra l'Olimpo dei nostri governanti e il mondo di noi mortali che invece va in piazza per la precarietà, per la scuola e la ricerca, per contratti sciolti ingiustiamente, per difficoltà nei bilanci quotidiani, per malsanità e un incredibile ritorno del rischio di morte per parto; casi di suicidi in carcere, suicidi per povertà, razzismo, violenza sulle donne ... 
E' un'Italia a soqquadro, che sciopera e si lamenta, ma sembra che, lassù in alto, manco stiano ad ascoltare.    
Non fanno il loro mestiere. E' come se io, insegnante, anzichè insegnare l'inglese ai miei alunni, mi mettessi a discutere con loro del lavoro di insegnante, i problemi della didattica, il mio percorso professionale. 
Non interesserebbe proprio, e non farei il mio lavoro. 
Un insegnante così sarebbe da licenziare. Fuor di metafora ...

www.kiva.org - prestiti senza garanzie.

9/25/2010

 

Qualche post fa scrivevo di www.kiva.org 

http://rbarazza.weebly.com/1/post/2010/08/wwwkivaorg.html

un sito che gestisce prestiti senza garanzie, adatto soprattutto a chi non può offrire alle banche garanzie di restituzione. 
Anch'io ho prestato soldi a cinque persone di varie parti del mondo. 
Ne parlavo come una bella opportunità di prestare soldi a chi è in difficoltà. 
Visti i problemi in cui versano molte famiglie italiane, consiglio ora il sito
anche per chiedere prestiti. Ho letto anche il nome di persone dagli Stati Uniti tra coloro che chiedevano prestiti.  

Dal 2010 licei italiani all'estero quadriennali.

9/24/2010

 
Ecco come hanno ulteriormente tagliato: dall'anno scolastico 2010/11 
tutti i licei italiani all'estero hanno durata quadriennale. Gli istituti tecnici 
restano invece quinquennali. 
Piuttosto soprendente, e un'ulteriore bastonata alla cultura dei giovani.
Oltre che un taglio al personale della scuola. 


Da CGIL-Scuola:

Anche la scuola secondaria di secondo grado italiana all’estero subisce la Gelmini17-09-2010 
Le nuove norme introdotte dal ministro Gelmini sulla secondaria superiore trovano piena applicazione anche nelle scuole italiane all’estero statali e paritarie a partire dall’a/s 2010/2011 in via graduale. Questo è quanto stabilito da due specifici decreti emanati dal MAE di concerto con il MIUR, in G.U. serie generale del 10/09/2010, relativi rispettivamente a riordino dei Licei e degliIstituti Tecnici italiani nel mondo.

Per quanto riguarda il decreto sul riordino dei licei va sottolineato che con l’introduzione del nuovo regolamento tutti i licei statali e paritari italiani all’estero avranno di norma una durata “quadriennale”. Viene ridotto a quattro anni la durata del percorso di studio anche in quelle realtà che avevano invece un percorso quinquennale come nel caso del Liceo italo-svizzero “Vermigli” di Zurigo.

Si sottolinea, inoltre, che sebbene nel decreto si precisa che nella predisposizione degli insegnamenti si debba tener conto “….delle varianti rese necessarie da particolari esigenze locali”, il documento stesso non fa alcun esplicito riferimento agli impegni assunti in occasione della stipula di accordi bilaterali tra l’Italia e i singoli Stati in relazione al riconoscimento bilaterale dei titoli di studio. Un aspetto questo che doveva essere tenuto in debito conto e richiamato nei decreti se non altro per garantire esplicitamente la copertura finanziaria alle singole scuole per l’attivazione di specifiche discipline previste dalle normative locali.

Gli istituti tecnici invece mantengono la durata quinquennale con un orario settimanale per classe identico a quello italiano ovvero pari a 32 ore settimanali. Il che significa che si assisterà, comunque, ad un ridimensionamento dell’offerta formativa standard rispetto al passato.

La revisione delle ore degli insegnamenti relative a singole discipline, prevista sia nei licei che negli istituti tecnici, produrrà, inoltre, a regime un riduzione delle cattedre e quindi di personale. Il tutto determinerà una riduzione dell’organico in particolare nelle scuole statali dove per la mancata formazione di cattedre a 18 ore per alcune classi di concorso non potranno più essere attivati posti di contingente di ruolo a danno della continuità didattica.

In buona sintesi possiamo dire che gli effetti negativi
degli interventi gelminiani nella scuola superiore italiana all’estero sono speculari a quanto avviene nella scuola italiana in territorio metropolitano. Non possiamo quindi che confermare il nostro giudizio estremamente negativo sia sull’intera manovra che sulla stessa politica culturale del MAE che ne esce fortemente compromessa proprio perché va a colpire duramente le nostre istituzioni scolastiche statali italiane all’estero.

La rivoluzione dei garofani.

9/24/2010

 
Nel 1974 avviene in Portogallo un golpe con cui alcuni soldati ribelli vogliono porre fine alla dittatura di Salazar e avviare la democrazia e la fine dello sfruttamento delle colonie oltreoceano. 
Il film 'Capitani d'aprile' di Maria de Medeiros, con Stefano Accorsi, racconta questa rivoluzione non violenta. 

Il film interessa per i riferimenti storici ma vi sono scene molto buffe che dicono quanto questo golpe sia stato gentile, e un po' raffazzonato. Ne racconterò alcune. 

C'è una lunga marcia di carrarmati che puntano alle sedi del potere della capitale. Ad un certo punto uno dei mezzi, nelle prime file, si blocca e blocca tutta la fila. Era finita la benzina. 

I minacciosi carrarmati arrivano finalmente in centro città. Il primo della fila si ferma. Alla ricetrasmittente il capo della rivolta chiede cosa succede.
"Il semaforo è rosso, colonnello"

L'esercito dei golpisti giunge alla sede della radio di Lisbona dove dovrà rendere note le sue direttive alla popolazione. 
Un soldato urla al portiere: 'Questo è un golpe! Mi si porti subito dal direttore." 
Il portiere lo guarda perplesso, poi dice: "Va bene. Aspettate qui. Vado a vedere se il direttore è libero", e richiude la porta in faccia ai soldati. 

Occupata la Radio di Lisbona, i soldati, per passare il tempo, ascoltano le musiche in voga più carine sotto lo sguardo perplesso del personale della radio. Un soldato vede un disco che piace tanto alla sua mamma e decide, con aria da duro, che questo sarà il suo bottino di guerra.

Siamo dinanzi al palazzo del potere. I ministri della dittatura non vogliono arrendersi. I golpisti minacciano di sparare al palazzo. Giunge l'ordine del colonnello: "Fuoco!" ma uno dei due o tre carrarmati non spara. Il colonnello si avvicina, vuole controllare, alza l'apertura in alto e vede che il suo soldato aveva altri impegni: stava sbaciucchiando la sua fidanzata.

(Alcune scene sono davvero buffe, tra Fantozzi e 'Le rose del deserto' di Monicelli, ma il golpe ha avuto successo e ha posto davvero fine alla dittatura di Salazar)

Università italiana: sempre peggio.

9/24/2010

 
Articolo interessante di Repubblica, del 20 settembre 2010:

http://rassegnastampa.mef.gov.it/mefeconomica/View.aspx?ID=2010092016684141-1

Sembra che le due migliori università italiane siano Bologna, 176° nel mondo!, e La Sapienza, 190°. 
Anche paesi emergenti ci passano davanti. 
L'articolo enfatizza i pochi investimenti. Ma passano in secondo piano due altri dati importanti, riportati verso la fine: la classifica dipende, per ben il 40%, dai giudizi di tutta la comunità accademica internazionale, per il 20% dalla qualità della ricerca scientifica, e per un altro 20% dal rapporto tra numero di facoltà e i loro iscritti. E siamo già all'80%.

Il titolo dell'articolo sintetizza un po' troppo frettolosamente. 

Certo, i soldi, innanzitutto. E mai ci sono stati tagli così feroci. 
Ma allora perchè, ad esempio, io che insegno e che vorrei fare un dottorato, non posso farlo in un'università italiana? Pagando, come si paga in UK, USA, Germania, Austria, Spagna ... Ci sono, ovviamente, borse di studio, ma chi non ce l'ha, paga le tasse universitarie. Un insegnante può benissimo conciliare il suo lavoro con studi post-laurea. Sto facendo anche adesso un Master. 
Per dottorati e simili progetti io devo tornare all'estero.
 
Qualcuno dirà: ma certo che puoi candidarti a un dottorato italiano. Basta passare i concorsi. 
Già, ma lo sanno tutti che i concorsi dei dottorati (oltre, 
naturalmente, a quelli dei ricercatori, associati ecc. ecc.) sono truccatissimi. Neanche da presentarsi se il tuo capo non ti ha già detto che lo passerai.
All'estero non ci sono concorsi-farsa: si manda il CV e un progetto di studio, e possono chiamarti a discutere l'eventuale posto di dottorato.  

Ho iniziato un dottorato in Austria appena laureata. In USA me lo avevano proposto. In Germania e Spagna funziona più o meno come in Austria, cioè ci si iscrive se si ha un buon CV e un progetto interessante. O si ha una borsa di studio o si pagano le tasse universitarie, che sono più o meno quelle di un corso universitario undergraduate. 

In Italia ho un posto fisso di insegnamento, quindi, de 'sti tempi, devo organizzarmi bene prima di andarmene, ma in Italia non posso andare avanti con gli studi e la carriera. Cosa possibile all'estero. Ho fatto la lettrice di italiano per due anni in due università americane, e sono stata all'estero, in tutto, solo 3/4 anni. Una quarantina in Italia, ma più di tanto non si va avanti qui. 
In Italia si è sprecati. 

Non capisco davvero come possano lamentarsi di avere pochi soldi se buttano via tutti quelli delle persone disposte a pagare le tasse per un corso di dottorato che puoi fare all'estero ma non qui. Conosco un sacco di gente interessata a questi programmi e, o c'hanno rinunciato, o se ne sono andati all'estero. 
Secondo me si può dire tranquillamente che l'università italiana è responsabile della mediocrità di questo paese. Il nostro è un paese del primo mondo, ma piuttosto modesto rispetto al Nordeuropa o all' America. L'università italiana impedisce a moltissime persone di formarsi oltre un livello medio. Prepara piuttosto bene fino alla laurea. Dopodichè, addirittura, impedisce ulteriori progressi. E chi, se non dei mediocri, possono coltivare altra mediocrità? Dei mediocri privilegiati, nel caso itailano. Le statistiche sulle università del mondo sembrano confermarlo. 
Discorso generale. Non tutti vi si riconosceranno, ma nel complesso questa è la situazione.

Dopo la creazione del blog www.insegnareitaliano.blogspot.com , ricevo di media un paio di email al giorno di persone che mi chiedono informazioni sull'insegnamento o lo studio all'estero. Moltissime hanno capito che, in Italia, si è solo bloccati: non solo per il poco lavoro, ma anche per le università, che sono chiuse, come lo sono le famiglie mafiose. 

Liberalizzare i dottorati non vuol dire regalare titoli: non mi pare che la Germania abbia un livello accademico e culturale inferiore al nostro. 
Ma liberalizzare i dottorati, e quindi l'inizio di una carriera accademica, vuol dire limitare il controllo dei baroni: ed è questo che non vogliono. 
Ai baroni interessa avere soldini, certo, ma ancor più avere il controllo di chi entra e esce nelle università. Per questo, io credo, tutto è bloccato in Italia, anche contro gli interessi economici delle università che potrebbero lavorare di più se gli ambienti fossero più aperti. 
Le tasche personali dei singoli baroni non vengono impoverite da questa politica. Le tasche delle università, e dell'intera società italiana, invece, sì. 
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    Roberta Barazza
     
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